Antonio Fogazzaro

(Vicenza, 1842 – 1911)

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Romanziere italiano

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Indagò, nelle sue opere, il mondo sentimentale e religioso dei protagonisti (Malombra, 1881; Daniele Cortis, 1884; Piccolo mondo antico, 1895) e affrontò il conflitto tra fede e scienza e tra cattolicesimo e mondo moderno. Venne messo all’Indice per la sua impostazione modernista.

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Fogazzaro si applicò a tradurre in versi l’effetto prodotto dalla musica in quattro composizioni dal titolo ‘Versioni dalla musica’: R. Schumann (Op. 68), pubbl. in Nabab, 1885; L. van Beethoven (Op. 27), in Cronaca bizantina, VII (1885); Martini (Gavotta), in Fanfulla della domenica, 30 genn. 1887, e ancora Schumann, in La Vita italiana, 10 dic. 1894.

Fogazzaro e il paesaggio

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[…] Il Fogazzaro si rivela artista del paesaggio, di montagna, di laghi, di fiumi, di cime nevose, trasfondendo nella natura lo stato d’animo del personaggio, creandone un tutt’uno…

[…] Nella poetica del Fogazzaro la rappresentazione della natura sa cogliere in essa il rapporto fra i sentimenti umani e le voci occulte delle cose, con un conseguente e vago senso del mistero.

(rif. LA POETICA DI ANTONIO FOGAZZARO – Carolina Massi Albanese)

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Fogazzaro e la musica

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Scrive il Fogazzaro in una lettera a Tommaso Gallarati Scotti nel 1903:

“Fino a sedici anni la musica è stata per me un libro chiuso. Mio padre l’adorava. Buon pianista ne faceva molta e in grandissima parte classica. Mozart, Handel, Bach, Beethoven. A sedici anni, nella prima convalescenza di una lunga malattia, una pagina di Norma mi fece scoppiare in lagrime […]

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[…] Le tre arti (poesia, musica, arti visive) mai come nel mondo scapigliato di fine ottocento trovano intima giustificazione e sostegno […]

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Boito amava ricordare talune parole di Fogazzaro premesse al volumetto intitolato “Versioni della musica”, parole gli erano particolarmente gradite: “La musica migliore genera in molti e anche in me ombre vane, per così dire sentimenti di gioia, dolore senza causa, desiderio, sgomento, pietà senza oggetto, baldanze superbe che cadono con l’ultima nota, violenti impulsi ad impossibili azioni. Suggerisce pure confuse immaginazioni della fantasia, arriva a significare torbidamente un pensiero, un discorso, un dialogo, un dramma, incomprensibili perché la lingua ne è ignota e lontana da ogni altro, ma improntata, nel suono, di passione umana.”

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Fogazzaro scriveva in una lettera a Giacosa: “Io sto raccogliendo alcune mie novelle pubblicate in giornali per farne un volumetto. Mi è venuta l’idea di dividere le novelle con intermezzi che dovrebbero fare l’effetto di pezzi di musica. Infatti questi intermezzi saranno traduzioni dalla musica ossia rappresentazioni delle immagini e dei sentimenti che una data musica suscita nel mio animo…

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[…] Durante l’ideazione de “Il mistero del Poeta”, Fogazzaro scrive da Montegalda, nel 1887:
“Stasera Schubert mi ha inebriato. Sono ebbrezze dolcissime, pure, innocenti ma tuttavia pericolose, perché da esse sorge con impeto il desiderio della vita piena …Riuniscono nella mia immaginazione l’ebbrezza dell’ispirazione e l’ebbrezza della musica e mi dico che tutto questo unito somiglia allo stato felice dell’anima in cielo, come un’ombra pallida al vero.”

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[…] Il romanzo Leila segnava la fine della vita e dell’opera letteraria del Nostro. Anche fra queste pagine vi è un personaggio musicale, il signor Marcello, così rappresentato all’apertura del libro: “Non era un forte pianista ma possedeva un’anima di musica. La sua profonda fede religiosa, i suoi affetti, il suo caldo senso di ogni bellezza di arte e di natura, tendevano alla espressione musicale. Venerava Beethoven non meno di Dante e, quasi di San Giovanni Apostolo; Haydn, Mozart e Bach non meno di Giambellino e, quasi, si San Marco, di San Matteo e di San Luca. E, come nel Vangelo, così leggeva ogni giorno qualche pagina dei quattro evangelisti della musica. Spesso la sera, nell’ora dei ricordi e del fantasticare, si abbandonava, sul piano, all’estro…”

(rif. Antonio Fogazzaro a cura di Attilio Agnoletto e altri. – Franco Angeli editore 1984, FOGAZZARO E LA MUSICA di Gabriele Cattini)

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Fogazzaro e le arti figurative

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[…] Nel 1860, a diciotto anni, Fogazzaro si trasferisce con la famiglia a Torino; con essa,dal 1865, passa a Milano: ambienti, specie il secondo, di libera ed aperta circolazione di idee. A Milano, in particolare, accanto ai fedelissimi stretti intorno al vecchio Manzoni, Antonio ha modo di frequentare gli esponenti spregiudicati e ribelli della “scapigliatura”: conosce Emilio Praga, Carlo Mancini, Camillo Boito e Arrigo Boito, legandosi di tenace e duratura amicizia soprattutto con il secondo.

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[…] Tra il 1901 e 1902 escono di Fogazzaro due scritti sull’arte che potremmo, a ragione, definir programmatici. Primo è il noto discorso “Il dolore nell’Arte”, tenuto alla Società torinese di cultura l’11 aprile 1900 che procurò “un prezioso biglietto” di congratulazioni da parte di Giuseppe Verdi.

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Nel 1902 Fogazzaro redige un servizio giornalistico sulla grande “Esposizione Internazionale d’arte decorativa moderna” di Torino del 1902, divulgato nelle prime tre colonne della degnissima tribune de “Le Figaro” del 30 giugno 1902.

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[…] Certo, la “Montanina… candida come un dado di neve nel verde tenero fra i castagneti scuri” (Leila, XV, III, p. 194) coronava, al termine di un lungo e sofferto itinerario, la suprema aspirazione fogazzariana alla perfetta simbiosi delle arti in una inestricabile unità espressiva. Sappiamo, del resto, che “la nuova villa incuriosiva gli amici, i semplici visitatori, i giornalisti”, interessati a “scoprire i rapporti che legavano l’estetismo fogazzariano al quel gusto architettonico ed ornamentale”.

(rif. Antonio Fogazzaro a cura di Attilio Agnoletto e altri. – Franco Angeli editore 1984, FOGAZZARO E LE ARTI FIGURATIVE di Franco Barbieri)

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Molti sono i riferimenti nei romanzi del Fogazzaro alle opere d’arte pittoriche e architettoniche.